Restarters Milano è la "filiale" milanese del Restart Project di Londra, il movimento internazionale che promuove la pratica dell'autoriparazione in eventi chiamati Restart Party.
I restarters sono riparatori volontari in genere non professionisti che prestano la loro opera durante un Restart Party, riparando o almeno tentando di riparare, apparecchi elettrici o elettronici portati alla "festa" dagli invitati.
Lo scopo è quello di mostrare ai possessori di questi oggetti che l'autoriparazione non solo è, spesso, l'unica possibilità per prolungare la vita dei propri apparecchi ma è anche divertente, economica, ecologicamente corretta e soprattutto, alla portata di tutti perchè non occorrono competenze particolari ma solo buona volontà e una buona dose di curiosità.
Gettare un apparecchio, considerarlo un rifiuto, un RAEE, è altamente frustrante soprattutto se quell'oggetto ha un valore affettivo, l'autoriparazione invece è una attività di cui andare fieri, tanto più se si è riparato un apparecchio che suscita in noi ricordi piacevoli legati alle persone care, il giradischi del papà o la radio del nonno, il computer con cui si è scritta la tesi etc.
A Milano come in molte altre realtà, i restarters si sono aggregati sulla base degli appassionati di Linux e del software libero, per la naturale propensione ad utilizzare il software libero per "aggiustare" computer, dichiarati obsoleti a causa dei continui aggiornamenti dei sistemi operativi proprietari, Mac e Windows ma hanno subito accettato la sfida di riparare altri apparecchi meno sofisticati.
Restarters Milano è promotore inoltre del movimento internazionale per il diritto alla riparazione per una evoluzione normativa comunitaria favorevole alla riparazione sia professionale che amatoriale.
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Attività virtuose
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Il progetto presentato dall’Associazione Giacimenti Urbani, con i partner Università di Milano-Bicocca e Associazione Consorzio Cascina Cuccagna, in collaborazione con alcune scuole milanesi, EcorNaturasì e Giò Style, è nato per rispondere alla call Plastic Challenge di Fondazione Cariplo per ridurre la plastica monouso senza ricorrere a materiali alternativi usa&getta, ma lavorando sul concetto di riuso. Ha come obiettivo la sperimentazione di una serie di pratiche per ridurre la plastica monouso in tre diversi contesti: Area Scuole – 3 scuole milanesi, Area Università – Università Milano-Bicocca, Area GDO – negozi Naturasì, Area Aggregazione – Cascina Cuccagna.
Tempistica e obiettivi
La sperimentazione biennale prevede percorsi di educazione/formazione per aumentare la consapevolezza dei cittadini sulla natura, comunque critica, del concetto di usa&getta rispetto in tema di spreco di risorse e di gestione dei rifiuti, per poi avviare la sperimentazione di soluzioni alternative e best practices che rimettano al centro il riuso e il refill come soluzioni chiave per ridurre l’abuso di plastica. Due i temi centrali del progetto: l’uso dell’acqua del Sindaco in parallelo all’uso di borracce e bicchieri riusabili, previa analisi della qualità dell’acqua con MM e sperimentazione di contenitori riusabili, come alternativa alla plastica monouso nei negozi milanesi di NaturaSì e in Università Milano-Bicocca.
L’utilizzo della plastica monouso è entrata prepotentemente nella vita di tutti noi, fino ad essere praticamente ubiqua e apparentemente insostituibile. Così non è, e questo è quello che NoPlà cercherà di dimostrare attraverso sperimentazioni nelle scuole, nell’Università, nei negozi milanesi di Naturasì e in Cascina Cuccagna, per trasformarle in best practices da diffondere a macchia d’olio.
Forte dell’esperienza sul tema plastica, consolidata con la produzione della mostra di educazione ambientale Deplastic, azioni e buone pratiche contro l’abuso di plastica, l’Associazione Giacimenti Urbani passa all’azione con il progetto NoPlà, facciamo esercizio contro la plastica monouso, che vedrà Cascina Cuccagna come Casa del progetto e il Centro per la Sostenibilità BASE (Bicocca Ambiente Società Economia) dell’Università di Milano-Bicocca come soggetto scientifico che, attraverso questionari, registrerà lo stato dell’arte prima e “dopo la cura”.
Qualche dato
Per rendersi conto della quantità di plastica monouso usata, ecco qualche dato dell’immesso al consumo nel 2018 fornito da Corepla:
sui 2.292.000 t di imballaggi in plastica immessi complessivamente sul mercato nazionale:
- 000 t complessive utilizzate in ambito domestico e quindi destinate a divenire Rifiuti Urbani;
- circa 400.000 t di bottiglie in PET, in grande prevalenza utilizzate per contenere acqua minerale e bevande;
- Più di 200.000 t di film per imballaggio automatico ( in genere polipropilene ), spesso in forma “multistrato” o addirittura “poliaccoppiato, per imballaggio flessibile di prodotti alimentari più svariati.
Anche se nell’immaginario collettivo tutti gli imballaggi di plastica e, per chi è meno informato, qualunque tipo di plastica, una volta messi nel sacco della raccolta differenziata dovrebbero essere riciclate e tornare in circolo, così non è. Posto che hanno gradi di riciclabilità diversa – i non imballaggi non vengono riciclati -, sono tutti caratterizzati da un “deficit di catena”, che rende l’intero ciclo della loro raccolta, selezione e riciclo un’operazione economicamente in perdita netta, perché il valore del materiale riciclato prodotto dal loro recupero è inferiore ai costi sostenuti per arrivare al suo riciclo, senza tenere conto che circa il 50% dell’attuale raccolta differenziata degli imballaggi di plastica, non avendo sbocchi industriali una volta riciclato, viene avviato a recupero energetico e, in alcuni casi, in discarica